Il decreto legislativo n. 24/2023, che introduce la nuova disciplina del “whistleblowing”, è entrato in vigore il 30 marzo 2023 (Gazzetta Ufficiale n. 63 del 15 marzo 2023).

Le sue disposizioni avranno effetto a partire dal 15 luglio 2023 per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, la media di almeno cinquanta lavoratori subordinati con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato.

Con una deroga, tuttavia, per i datori di lavoro del settore privato che, nell’ultimo anno, hanno impiegato una media di lavoratori subordinati non superiore a 249: per questi soggetti l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna avrà effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023 (v. art. 24, c.2).

Indipendentemente dal requisito dimensionale minimo di 50 dipendenti impiegati nell’ultimo anno, il termine del 15 luglio rileva anche per:

  1. i datori di lavoro operanti in specifici settori (servizi, prodotti e mercati finanziari, sicurezza dei trasporti, tutela dell’ambiente, ecc.);
  2. i datori che adottano i modelli di organizzazione e gestione di cui al D.lgs. n. 231/2001.

Il provvedimento in commento dà attuazione alla direttiva europea 2019/1937 e raccoglie in un unico testo normativo l’intera disciplina dei canali di segnalazione e delle tutele riconosciute ai segnalanti, sia del settore pubblico che privato.

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  1. I nuovi obblighi

Anche per le aziende del settore privato scatta l’obbligo di attivare – nell’ambito del contesto lavorativo e sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015 (cfr. art. 4, c. 1) – “canali di segnalazione interna”, ovvero di procedure di segnalazione sicura, che proteggano la riservatezza dell’identità e i dati personali della persona fisica (c.d. “persona segnalante”) che denuncia le condotte illecite di cui sia venuta a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo.

Ne deriva che i datori di lavoro dovranno gestire le segnalazioni con forme scritte o digitali (anche tramite software che utilizzano sistemi crittografici) tali comunque da garantire la riservatezza dell’identità di chi segnala, della persona coinvolta e del contenuto della segnalazione stessa. Il trattamento dei dati personali e la documentazione inerente alle segnalazioni dovranno inoltre essere gestire secondo le regole e i principi Gdpr.

Ulteriori obblighi derivano ai datori di lavoro dalla gestione del canale di segnalazione interna attivato (art. 5).

Le imprese dovranno, tra l’altro, fornire ai propri dipendenti informazioni chiare sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni interne, nonché sul canale, sulle procedure e sui presupposti per effettuare le segnalazioni esterne.

Ai sensi della normativa in commento, infatti, la “persona segnalante” potrà eventualmente utilizzare:

Le predette informative al personale devono essere esposte e rese facilmente visibili nei luoghi di lavoro – e, eventualmente, anche nella intranet aziendale– nonché accessibili alle persone che, pur non frequentando i luoghi di lavoro, intrattengono un rapporto giuridico in una delle forme di cui all’articolo 3, commi 3 o 4, del decreto n. 24/2023 (i.e., collaboratori, consulenti, tirocinanti, ecc.).

L’art. 2, c. 1, del D.Lgs. n. 24/2023 precisa che le segnalazioni devono avere ad oggetto comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’ente privato (ad esempio, illeciti amministrativi, contabili, civili o penali) o condotte rilevanti in base al Dlgs 231/2001.

L’articolo 1, comma 2, del Dlgs 24/2023, esclude invece dal suo campo di applicazione la segnalazione avente ad oggetto contestazioni legate a un interesse di carattere personale del segnalante, che attengono esclusivamente al proprio rapporto individuale di lavoro, oppure inerenti al rapporto con i superiori gerarchici.

Tuttavia, la nuova disciplina pone diversi quesiti interpretativi sul piano giuslavoristico, meritevoli di attenzione in sede aziendale. Occorrerà, ad esempio, verificare la possibilità di ammettere alla procedura di segnalazione condotte potenzialmente integranti trattamenti discriminatori o persecutori o mobbizzanti subiti dal lavoratore segnalante.

Ulteriore attenzione meritano i profili di compatibilità della procedura di segnalazione con quella disciplinare applicata in azienda.

Nel caso di contestazione disciplinare fondata sulla segnalazione, la conoscenza dell’identità del segnalante sarà infatti spesso indispensabile per la difesa dell’incolpato.

In tal caso, a norma dell’art. 12, c. 5, del Dlgs 24/2023, la segnalazione sarà utilizzabile nel procedimento disciplinare solo in presenza del consenso del segnalante alla rivelazione della propria identità.

Appare evidente, al riguardo, che il mancato consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità potrebbe viziare per carenza di specificità il procedimento disciplinare, con conseguente rischio di illegittimità della sanzione disciplinare eventualmente adottata al suo esito.

Le nuove norme dovranno essere attuate in maniera effettiva, onde evitare l’applicazione del rigoroso sistema di sanzioni previsto dalla nuova normativa (art. 21).

Si segnala, in particolare, che le sanzioni amministrative pecuniarie applicabili dall’ANAC variano da 10.000 a 50.000 euro in caso di ritorsioni (art. 17), violazioni dell’obbligo di riservatezza (art. 12), mancata attivazione di canali di segnalazione, di procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni ovvero di adozione di procedure non conformi.

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